Indipendenze è anche social: siamo arrivati su Facebook Siamo felici di informarvi che abbiamo da poco aperto la pagina Facebook ufficiale di Indipendenze, dove potrete essere aggiornati in tempo reale sulle nostre iniziative e su altri eventi riguardanti l'ambito delle dipendenze. Sulla pagina FB posteremo anche articoli e materiali che possano dare spunti di riflessione sulle varie sfaccettature delle dipendenze. Attendiamo anche i vostri contributi sull'argomento per creare un dialogo con voi. La pagina è disponibile cliccando su questo link: Oppure cliccando sull'icona Facebook presente in ogni pagina del sito.
Oggi parliamo di gioco d'azzardo e di cosa Indipendenze propone per questo problema sempre più diffuso. Vi mostriamo anche il video del dott. Michele Zagni di Indipendenze Modena, che racconta approfonditamente questo fenomeno durante lo speciale di Medicina in Linea. Ebbene sì, Indipendenze è da poco presente anche a Modena. Cosa è il gioco d’azzardo? Fondamentalmente si potrebbe dire che nel gioco d’azzardo si puntano soldi su un evento, determinato prevalentemente dalla sorte, con l’obiettivo di vincerne di più: questa definizione abbraccia qualsiasi tipologia di gioco d’azzardo, slot, scommesse, Gratta-e-Vinci, ecc. L’offerta di gioco d’azzardo in Italia è stata in continua crescita negli ultimi 15-20 anni, si è passati dalla possibilità di giocare al Totocalcio/Totogol/Lotto un giorno alla settimana fino all’annullamento di qualsiasi limite spazio-temporale con l’avvento dei siti di scommesse e casinò online, disponibili 24h su 24 direttamente da casa. Il gioco d’azzardo patologico L’incremento delle possibilità di giocare d’azzardo è stato seguito da un aumento nel numero di comportamenti definibili come di “gioco d’azzardo problematico” o “gioco d’azzardo patologico”, tanto che si stima in Italia ci sia circa 1 milione di giocatori patologici. Come mai così tante persone si rovinano col “vizio” del gioco? Sarebbe facile rispondere che si tratta della “poca volontà” di qualche individuo, ma si parla di circa un milione di persone solo in Italia, appare chiaro pertanto che per spiegare il dilagare della cosiddetta “ludopatia”, termine impreciso per definire la dipendenza da gioco d’azzardo, bisogna prendere in considerazione molteplici fattori, psicologici, sociologici ed economici. Come viene spiegato anche nel video, ci sono meccanismi studiati ad arte per tenere il più possibile avvinto il giocatore, con algoritmi solo apparentemente casuali di erogazione delle vincite; la sola conoscenza di queste e altre dinamiche tuttavia si è visto non influire sul comportamento di chi ha già una forma di dipendenza da gioco d’azzardo. Cosa fare dunque?
Indipendenze Verona offre un servizio di supporto di psicologi specializzati per chi presenta problemi di gioco d’azzardo e/o per i familiari, finalizzato alla definizione di un percorso di allontanamento dal gioco e di ripresa in mano della propria vita. Per richieste sul gioco d'azzardo info@indipendenze.com oppure dott.ssa Caterina Diani al 331/9404747. Indipendenze Modena
Per poter rispondere Alla domanda “cosa è possibile fare per migliorare queste situazioni?”, mancano invece ancora parecchi pezzi. Un po’ perché la sindrome Hikikomori trova la sua origine in un paese geograficamente e culturalmente lontano, come il Giappone (non c’è ancora un corrispettivo europeo di questa problematica a cui diamo il nome di Ritiro Sociale Acuto). Un po’ perchè i primi casi sono arrivati inaspettatamente anche da noi, e sono stati confusi con tante altre cose. Uno dei punti di maggior confusione riguarda, ad esempio, quale ruolo svolga in questo estremo comportamento di chiusura, la dipendenza da Internet (per cui spesso ci viene chiesto aiuto): l’uso spesso assiduo della rete è da ritenersi all’origine del problema o piuttosto una “sorta di terapia maldestra” per fronteggiarlo? Una cosa è certa agli occhi di noi operatori: il paziente Hikikomori non sente di aver bisogno e non si aspetta aiuto da nessuno. Egli oppone un rifiuto ad ogni tentativo di contatto, rendendo improponibile qualsiasi terapia che non sia adattabile alle nuove esigenze. Chi arriva ai servizi e chiede aiuto non sono i giovani auto segregati, ma i loro genitori che, spesso dopo mesi o anni di immobilità in queste situazioni, riportano a loro volta serie difficoltà. I genitori si sentono impotenti di fronte al vuoto relazionale in cui approdano con i figli che, quasi sempre, nel frattempo hanno già rinunciato anche alla scuola e agli amici. Di frequente arrivano dopo aver già compiuto svariati tentativi per cambiare le cose (cambiare scuola, staccare internet), ma il più delle volte con scarso successo. Spesso chiedono aiuto seppur timorosi che la situazione possa modificarsi in peggio: da un lato preferiscono infatti sapere il figlio a casa davanti al computer, piuttosto che immaginarlo “fuori a drogarsi con gli amici”. Fornire un supporto professionale alle famiglie diventa dunque essenziale, sia perchè i genitori svolgono un importante ruolo di interfaccia con gli operatori, sia perché spesso si trovano ad affrontare da soli grandi momenti di difficoltà (come i frequenti accessi di aggressività dei ragazzi). Secondo alcuni studi la quantità di stress e di ansia nei membri di queste famiglie risulta essere molto maggiore che nella popolazione generale. L’equilibrio della famiglia, (vittima della situazione ma talvolta con aspetti disfunzionali pregressi), è strettamente legato al disagio dei figli. Il problema, infatti, si estende in breve tempo dall’isolamento dei ragazzi Hikikomori, alla perdita delle relazioni interne alla famiglia. Un trattamento “tradizionale”, basato sul presupposto che il paziente si decida ad uscire di casa per raggiungere lo studio del terapeuta, sarebbe dunque destinato a fallimento e frustrazione. La nostra esperienza ci suggerisce, al contrario, la necessità di coinvolgere i genitori e il contesto (sociale e virtuale) dei ragazzi per poter essere loro d’aiuto. Alla luce di queste esigenze, il team Indipendenze ha ideato diversi percorsi per affrontare il problema nel modo più comprensivo possibile. Oltre ad un sostegno di coppia/ individuale per genitori, abbiamo avviato supporti domiciliari, con operatori appositamente formati, per cercare di costruire con il ragazzo una relazione che non sia solo “virtuale”. Da poco è stato inoltre attivato un gruppo di supporto rivolto ai genitori di ragazzi che presentano questa problematicità (qui la locandina). E’ possibile partecipare al gruppo, previo colloquio conoscitivo, contattandoci al numero 345/3757946. Il dott. Giuseppe Cuoghi parlerà di Hikikomori nel convegno che si terrà in sala Marani a Verona il giorno 20 aprile dal titolo “Le ludopatie (gioco d'azzardo e dipendenza dai giochi online): un fenomeno che non possiamo più trascurare” (qui la locandina)".
Pensiamo molto bene. Tutti gli incontri e laboratori che Indipendenze ha organizzato nel mese di marzo sul tema delle relazioni affettive, hanno avuto grande partecipazione e abbiamo anche dovuto organizzarci in stanze più spaziose per accogliere l’inaspettata richiesta. Abbiamo quindi potuto collaborare con colleghi entusiasti e conoscere tante persone interessate, e ci auguriamo che sia stata un’esperienza di relazioni positive un po’ per tutti. Il tema è stato appunto quello dei legami affettivi nelle sue varie declinazioni. Il ciclo si è aperto il primo marzo con la serata “A chi spetta la mela d'oro? Le divinità femminili e le donne di oggi” condotta dalla psicologa Francesca Distaso. E’ stato un momento di scoperta delle proprie radici, dei ruoli che scegliamo più o meno consapevolmente di agire in relazione con le altre persone, e delle possibili alternative da percorrere. Il mito delle dee greco-romane è stato utilizzato come espediente di conoscenza di sè. Dall’entusiasmo delle partecipanti alla serata, è nata l’idea di proporre un percorso di 4 incontri di gruppo che inizierà il 5 aprile. La dott.ssa Michela Malfatti ha tenuto due laboratori creativo-espressivi e di danza-terapia. L’incontro dell’8 marzo ha avuto come focus l’espressione delle emozioni attraverso il corpo: i partecipanti hanno ripreso contatto con la propria dimensione corporea e sperimentato come attraverso il corpo e il movimento si esprimano emozioni come la felicità, la tristezza, la rabbia e così via. Il 18 marzo si sono affrontate tematiche inerenti la relazione in un contesto di gruppo e di coppia attraverso attività di gioco, danza, e espressione artistica. Il 15 marzo, la dott.ssa Tiziana Mantovani ci ha accompagnati nella sperimentazione di una pratica meditativa di liberazione emozionale creata da Sajeeva Hurtado. Attraverso la respirazione e un lavoro sui diversi centri energetici è possibile armonizzare la relazione tra corpo, mente, cuore e anima, incontrare le emozioni, e trasformare le memorie corporee che sono conservate a livello preverbale. L’ultimo laboratorio è stato tenuto dalla dott.ssa Patrizia Baroncini, che il 23 marzo ha proposto un’esperienza di mindfulness sul tema delle dipendenze da cibo e affettiva. Si è riflettuto sulle analogie tra queste due dipendenze ed i partecipanti hanno inoltre potuto sperimentare una sessione di “mindful eating”. Il ciclo si è concluso sabato scorso, 25 marzo, con il convegno “La dipendenza affettiva: riconoscerla e affrontarla”, di cui ha parlato anche la stampa locale, organizzato in collaborazione con il Consultorio familiare Verona sud. L’evento ha avuto una partecipazione particolarmente numerosa e attiva di cui siamo molto soddisfatti. Ringraziamo per la grande affluenza e l’attenta partecipazione di tutti i presenti! Il prossimo appuntamento organizzato da Indipendenze è un ciclo di incontri e laboratori interattivi dedicato al tema del Web, intitolato “CONNESSIONI: DOVE “VIRTUALE” E “REALE” SI INCONTRANO” (scarica locandina), per genitori, insegnanti ed educatori. Gli incontri si svolgeranno tra aprile e maggio. Vi aspettiamo! COR-RELAZIONI AFFETTIVE 2017 fotoalbum
Pubblichiamo un bell'articolo della collega dott.ssa Laura Falzone. Qui trovate il post originale
Avete già visto il nuovo video di Moby "Are you lost in the world like me?" Cos’è questo effetto anestesia? E soprattutto perché non riusciamo a farne a meno? La dipendenza da internet funziona come la dipendenza da sostanze. La droga è utilizzata come oggetto per riempire il vuoto che fa parte di noi, una sorta di auto-medicamento, un rifugio. Il godimento del drogato è un godimento potremmo definire “autistico” nel senso che è chiuso in se stesso, è un godimento solitario che rifiuta il limite, e rifiuta soprattutto l’incontro con l’altro. Ecco cosa hanno in comune le due dipendenze. Anche nella dipendenza da internet abbiamo a che fare con un godimento autistico, solitario, fuori legame. L’altro, “l’amico” (pensate ai social network) non ha peso. Facebook è una forma di legame sociale basato sull’uso e consumo di “relazioni”. Desideriamo quel contatto (magari con qualcuno che incontrando per strada neppure saluteremmo..), allora parte la richiesta di accettare la nostra amicizia; iniziano così una serie di scambi, “condivido”, “mi piace” etc.. Qualora non desideriamo più quella persona ci basterà cliccare su “elimina contatto”. Non vi è in gioco nulla di personale. Ci sei, non ci sei più. Nessuna responsabilità. Anche la paura del rifiuto dell’altro, giocata fuori dalla realtà, è più leggera. So che ora tra i teenagers ora ci si “corteggia” così: ti invio un messaggio su fb.. se rispondi bene, se no.. pace! L’incontro con l’altro reale è così evitato. Io scelgo solo la parte di soddisfazione che mi spetta, e non mi assumo il rischio del dolore che l’incontro con l’altro presuppone. Ed evito l’incontro con il limite che la sua presenza impone. Quando tu sei con me, io non posso fare tutto, dire tutto... Il gruppo Indipendenze Verona propone percorsi specifici sulla dipendenza da internet ed eventi formativi sull’argomento. Vi invitiamo alla serata di approfondimento sulle potenzialità e i rischi delle nuove tecnologie “Vivere online: farsi inghiottire dalla rete o costruire reti?” che si terrà a Verona, Borgo Roma, martedì 28 febbraio alle 20,30.
Con il termine craving, in italiano bramosia o desiderio impulsivo, ci si riferisce a quel momento in cui si manifesta un forte ed incontrollabile bisogno di assumere una sostanza o di ripetere un comportamento. Nell’istante in cui si manifesta, usare la specifica sostanza o ricorrere al comportamento diventa la cosa più importante: la persona arriva a tralasciare i propri valori, i propri affetti, il proprio lavoro. Questa fase tipicamente si presenta in chi sta provando a modificare il proprio stile di vita e ha intrapreso un percorso di disassuefazione. Se non riconosciuta e gestita attraverso strategie adeguate conduce irrimediabilmente alla ricaduta. La forza di volontà non è sufficiente. L’articolo si propone come strumento per permetterti di 1) riconoscere la fase di craving e di 2) individuare alcune strategie adattive che potresti adottare in caso di necessità. 1) RICONOSCERLOLa fase di craving si manifesta con sintomi di sofferenza sia fisica sia psichica: la persona sta male. Ad uno stato di forte tensione fisica, si accompagna un pensiero ossessivo che spesso rappresentano la porta d’accesso alla ricaduta. E’ possibile raggruppare i sintomi che la accompagnano in tre gruppi:
2) GESTIRLOLa ricerca neuroscientifica ci viene d’aiuto anche quando proviamo ad individuare un modo per recuperare quel controllo che sembra così difficile da mantenere in questi momenti. C’è una via di fuga? Si. La ricerca ci dimostra come sia possibile sottrarre sempre più potere alle memorie correlate allo stato di piacere indotto dalla sostanza o dal comportamento target. Come? : LA TECNICA “SURF” Il craving è una esperienza soggettiva, temporanea che tende ad esaurirsi entro 1 ora. Prova ad immaginare visivamente il desiderio come un’onda del mare: può salire fino ad un certo livello, ma poi inizia il processo di discesa. Applicando questa metafora al tuo desiderio ti accorgerai che imparando a non cedergli, lo indebolirai fino a vederlo pian piano scomparire. Prima di raccontarti più nel dettaglio questa tecnica, ti invito a tenere un diario del craving per una settimana. Si tratta di uno strumento di semplice costruzione che ti permetterà di esplorare la tua personale esperienza di desiderio. Se vorrai potrai portarlo al colloquio con il tuo psicologo e condividerlo con lui/lei. Potresti strutturarlo nel modo seguente: La tecnica del “surf” potrebbe aiutarti ad affrontare con successo la fase del desiderio: tutto ciò che ti è richiesto di fare è focalizzarti su ciò che avviene sul tuo corpo senza porre resistenze e senza lasciare che le sensazioni se ne impadroniscano, ma accettandolo. Riprendendo la metafora del surf, quando l’onda è molto alta e potente, non è funzionale cercare di fermarla, ma è meglio accompagnarla. A tal fine potrebbe esserti utile apprendere questa tecnica:
La prima è stata tenuta dalla dott.ssa Caterina Diani che ha approfondito il complesso legame tra emozioni e alimentazione durante l’incontro dal titolo "IL GUSTO DI ASCOLTARSI: dipendenza da cibo o fame nervosa?”. Al termine del quale, sono state presentate le due modalità di percorso (individuale e di gruppo) per comprendere e affrontare le dinamiche psicologiche ed emozionali che regolano il nostro rapporto con il cibo (scopri di più). Giovedì 20 le dott.sse Bellamoli e Poiesi hanno proposto una serata sul tema “GIOVANI ON-LINE”. Durante l’incontro sono stati considerati i rischi e le opportunità delle nuove tecnologie. Inoltre, si è cercato di rispondere a domande quali: Cosa cercano le nuove generazioni sul web? Che tipo di relazioni veicolano i social network? Quando si può parlare di dipendenza? In questa occasione sono stati presentati i percorsi “Fuori dagli scheRmi” per ragazzi e genitori (scopri di più). Il 25 ottobre la dott.ssa Chiara Farisato ha condotto l’incontro “VOLERE COSÌ BENE DA STARE MALE” sulla dipendenza affettiva. All'interno della serata ha presentato anche il gruppo di psicoterapia corporea per la gestione delle emozioni attraverso il contatto con il proprio corpo e con l'Altro, pensato soprattutto per le persone che vivono questa problematica (scopri di più). Il ciclo si è concluso con la serata “SMETTERE DI FUMARE E MINDFULNESS” in cui il dott. Giuseppe Cuoghi ha illustrato i percorsi per smettere di fumare e gli aiuti presenti a Verona (scopri di più) e la dott.ssa Elisa Bellamoli ha spiegato perché la Mindfulness può essere una tecnica utile nella prevenzione delle ricadute (scopri di più). Queste e molte altre sono le tematiche di cui si occupa la nostra equipe, con attività terapeutiche, formative e di prevenzione rispetto alle dipendenze patologiche (con e senza sostanza).
Se non siete riusciti a partecipare a questa iniziativa e siete interessati a conoscerci vi aspettiamo giovedì 1 Dicembre all’INDIPENDENZ DAY, una giornata di porte aperte in cui avrete la possibilità di conoscere le nostre attività e i nostri servizi (per informazioni). La giornata si concluderà con un incontro informativo serale dal titolo “VIVERE ON-LINE: farsi inghiottire dalla rete o costruire reti?”. Ringraziamo tutti i partecipanti alle serate di ottobre per l’opportunità di scambi e confronti che ci hanno aiutato a crescere! Quando un’immagine può aiutare a capire… Oggi ho ricevuto un regalo. Ero in ambulatorio e stavo parlando con una giovane donna che da più di dieci anni convive con una diagnosi di Anoressia Nervosa. Come in molte altre occasioni stavamo discutendo assieme di cosa le impedisca di provare a cambiare una serie di comportamenti che lei stessa definisce e riconosce come controproducenti e patologici. Nel raccontarmi la sua settimana e l’alternanza di pasti e digiuni che l’hanno caratterizzata, mi ha spiegato come quei digiuni siano il risultato del “sentire di aver già mangiato abbastanza nei giorni precedenti”. Date le quantità fortemente limitate di cui si stava parlando mi è sorto spontaneo farle una domanda “Abbastanza per chi? Chi decide quanto puoi permetterti di mangiare?" Da subito non è stata in grado di rispondermi, ha iniziato a fissare il muro dietro di me restando in silenzio e ha ripetuto lentamente la mia domanda con il tono dubbioso e stupito di chi cerca una risposta apparentemente ovvia ma difficile da dare. “Abbastanza per chi? Chi decide quanto posso mangiare….boh, vediamo come te lo posso spiegare….” . Ed è qui che ha iniziato ad impacchettare il suo regalo. “Vedi, è come se quel giorno di tanti anni fa io avessi aperto la porta di casa e avessi trovato sullo zerbino una bestia strana. Un animale di non so quale razza, bruttino, solo, fermo lì sulla porta in attesa di una mia risposta. Io ero incuriosita, un po’ stupita e allora l’ho lasciato entrare… Anche perché come fai altrimenti? Mica puoi lasciare un bestia fuori, no? Bene. Nel tempo, quella stessa bestia si è seduta accanto a me, ha iniziato a dividere con me il tempo, gli spazi e il cibo e non se n’è più andata, prendendo via via il potere sulla casa. A volte sono risuscita a tenerla un po’ più sotto controllo ma non appena mollavo un po’ la presa lei tendeva a prendersi tutto il braccio e a decidere su tutto e tutti. Ho provato a metterla fuori dalla porta sai!? E una volta ci sono pure riuscita! Ma il fatto è che lei è rimasta lì, a grattare sulla porta, a ricordarmi che io sono l’unica che sa come gestirla e che quella è anche la sua tana! L’ha vissuta, ci è cresciuta assieme a me, rendendola un “nostro” luogo dal quale io non ho il diritto di mandarla via! …e ha ragione, io non lo posso fare. Non ci riesco. Non lo so neanche immaginare come possa essere non sentirla più… Ed è così che io l’ho rifatta entrare. Ed è così che lo rifaccio ogni volta. Perché in fondo ha ragione, forse anche io ho bisogno di sentirla accanto…” Questo piccolo racconto è uno dei tanti e preziosi esempi che si possono incontrare in un percorso di terapia che mostrano come le metafore e le immagini riescano a comunicare molto più delle semplici parole. Dietro quei “non posso, non riesco, non so immaginare…” può nascondersi un sentimento di interdipendenza che tiene legato il paziente alla sua patologia, esattamente come succede tra una persona e l’animale abbandonato di cui sceglie di prendersi cura. Anche se a volte è faticoso, difficile da gestire o doloroso, avere qualcuno (o qualcosa) di cui prendersi cura può rispondere ad altre necessità personali, con modalità tanto efficaci quanto difficili da identificare ed abbandonare. Spesso per chi sta accanto ad una persona con un Disturbo del Comportamento Alimentare sembra quasi impossibile capire e sentire davvero quello che accade tra la persona e i sintomi che riporta. Ed è proprio in questi casi che un immagine, un disegno o un racconto possono rivelare tutto quello che delle semplici risposte a domande dirette non saprebbero dire. Un’opera singola e irripetibile prodotta sotto dettatura del cuore. Per la maggior parte del tempo la nostra vita è rivolta verso l’esteriorità: la maggior parte delle azioni che compiamo sono rivolte verso l’esterno (lavorare, parlare, ecc..). E spesso viene a mancare il tempo per poter fare altre attività: siamo molto impegnati ad “agire”, e tralasciamo così certi preziosi momenti, come per esempio lo stare soli con noi stessi, in ascolto. Lo yoga, da millenni, attraverso certe pratiche, posizioni (asana) e un certo tipo di alimentazione aiuta l’uomo a raggiungere uno stato di calma ed equilibrio. Ad esempio quando si assume una particolare posizione di rilassamento come shavasana (tradotta con “posizione del morto”, proprio per dare l’idea di un completo abbandono) si può avvertire fin dalla prima volta uno stato di serenità e di calma. Questo può avvenire principalmente perché non si è abituati magari a rilassarsi stando fermi immobili per un po’ di tempo, prestando attenzione al nostro corpo, alle sensazioni.. e anche perché, essendo un’unità mente-corpo, se l’organismo si rilassa, di conseguenza si avvertirà una calma anche a livello psicologico. Questo tipo di rilassamento, può essere inizialmente appreso con una persona che ne guida l’esecuzione con la sua voce, ma il fine è quello di metterlo in atto da soli, come momento di ritiro dal mondo esterno. Questa sensazione di calma che si può avvertire, conseguente ad un momento di rilassamento, potrebbe essere percepita maggiormente quando si è agitati, in ansia, preoccupati, poiché la differenza tra uno stato di attivazione fisiologica e un momento di distensione verrà avvertito di più (il gap è maggiore). Per questo motivo le innumerevole pratiche di rilassamento, che sono anche pratiche di concentrazione, possono essere di aiuto anche per coloro che stanno cessando l’uso/abuso di una sostanza, che, nell'astinenza, potrebbero sperimentare dei momenti di nervosismo ed agitazione, poiché si sentono mancare qualcosa a cui il corpo (e anche la psiche) si era abituato. Sapersi rilassare in modo autonomo, può essere a volte un’alternativa meno svantaggiosa all’impiego di sostanze (es. ansiolitici), assunte per calmarsi, per dormire. Inoltre, questi momenti sono delle occasioni di ritiro dei sensi all’interno di noi, di introspezione, che al contrario, quando si è impegnati ad “agire”, risulta difficile ottenere.
A Indipendenze proponiamo momenti di rilassamento mirato per tutti i pazienti che lo desiderano e, soprattutto, per coloro che stanno affrontando percorsi di disintossicazione, per alleviare i sintomi di astinenza e prevenire le possibili ricadute.
L’équipe di Indipendenze continua i percorsi formativi nelle scuole. Venerdì 29 aprile il dottor Giuseppe Cuoghi e la dottoressa Silvia Poiesi hanno incontrato i ragazzi della scuola secondaria di primo grado San Giuseppe, in occasione di un incontro dedicato appunto al tema delle dipendenze. Una mattinata coinvolgente che ha visto la partecipazione attiva di molti studenti, molto interessati all’argomento. L’intenzione era proprio quella di dar voce alle conoscenze e curiosità dei ragazzi per addentrarci nel mondo giovanile. A partire dalle loro domande, è stato così possibile approfondire le varie sfumature che le dipendenze possono assumere: dall’uso di sostanze (quali nicotina, cannabis, alcol, farmaci) fino ad arrivare alle dipendenze comportamentali (come il gioco d’azzardo e le più attuali dipendenze da schermi). (in corsivo le parole dei ragazzi) Cosa pensano i ragazzi quando sentono parlare di DROGHE? Il collegamento più frequente avviene con tutte le sostanze illegali, considerate anche le più pericolose. Sigarette e alcolici sembrano collocarsi invece in una zona di confine, suscitando dubbi e perplessità: “A parere mio drogarsi e bere è una cosa inutile. Io non capisco ancora perché vendono le sigarette, poi dicendo che il fumo uccide”. L’incomprensione si accompagna spesso a diffidenza e rifiuto, ma talvolta anche a curiosità e al desiderio di “provare” per mostrarsi coraggiosi. “Ubriacandosi e/o drogandosi ti rovini la vita; ma i ragazzi di oggi la maggior parte delle volte lo fa per moda. Noi, grazie all’incontro di oggi, abbiamo capito i veri effetti che possono provocare e di evitare l’esperienza” E’ stato dunque fondamentale rispondere alle domande dei ragazzi, spiegando loro come si può innescare una dipendenza, quali le conseguenze a carico del nostro organismo, ma anche a livello sociale e comportamentale. Siamo rimasti sorpresi dalla facilità con cui molti di loro utilizzino correttamente una terminologia “tecnica”, parlando ad esempio di “astinenza” o nel riportare i nomi esatti di alcune sostanze. Lo stesso accade con riferimento al mondo digitale: gli adolescenti di oggi conoscono tutti i social network, dai più ai meno diffusi (whatsapp, facebook, snapchat, ask.fm), così come giochi online e siti internet. Hanno già sentito parlare di cyber bullismo e di web reputation, ma occorre spiegare loro di cosa si tratti. Il web è oggi la principale fonte di informazione e anche il primo canale relazionale: “se vuoi conoscere una ragazza che ti piace, prima di tutto le chiedi l’amicizia su facebook”. Certo, i social “favoriscono” conoscenze, eliminando l’imbarazzo dell’incontro vis-a-vis, ma possono anche diventare pericolosi laddove non sappiamo con certezza chi si nasconda dall’altra parte dello schermo! I ragazzi questo lo sanno e, se viene data loro la possibilità, esprimono anche le proprie preoccupazioni: “Cosa succede se su whatapp incontri qualcuno che non conosci e che conseguenze potrebbe avere?” Occasioni di incontro con i ragazzi permettono anche a noi adulti di diventare consapevoli della miriade di informazioni che quotidianamente raggiungono i giovani. Tra queste televisione, internet e amici rappresentano importanti risorse per rispondere alle loro curiosità, sebbene non siano sempre attendibili. Le testimonianze degli studenti, ci hanno permesso di capire che tuttavia non è sempre facile rivolgersi agli adulti per ottenere chiarimenti: “Questa esperienza ci ha insegnato e spiegato le curiosità che avevamo e che ci vergognavamo a chiedere agli adulti spiegandoci le cause e gli effetti che causa della droga e dell’alcool”. Spesso noi adulti per primi ci troviamo in difficoltà nel rispondere alle domande dei ragazzi quando vanno a toccare temi delicati quali la sessualità, la droga, la sofferenza. Incontri di prevenzione nelle scuole rappresentano a nostro avviso un’importante risorsa nel trasmettere ai giovani il messaggio che “se ne può parlare insieme”. Ringraziamo gli insegnanti e la preside della Scuola San Giuseppe per averci invitato, trasmettendo ai propri studenti il valore di questa opportunità: "Oggi ho capito che molte sostanze anche se sembrano innocue possono causare moltissimi problemi. Oggi ho anche capito quanto sia pericoloso essere costantemente davanti ad uno schermo e cosa può fare l’alcol ad una persona ingenua che non sa a cosa potrebbe andare incontro. Arrivederci e aiutate più persone possibili a superare questa prova!" L'equipe di psicologi di INDIPENDENZE è disponibile per attività di informazione e prevenzione nelle scuole di Verona e provincia, e per consulenza e formazione agli insegnanti sull'argomento droghe e dipendenze (con e senza sostanza). Contattateci per informazioni.
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TeamSiamo psicologi e psicoterapeuti con esperienza nel settore delle dipendenze, con la passione per lo studio, l'approfondimento e il trattamento di questo fenomeno. Categorie
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