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CASTAWAY ON THE MOON – Quando due solitudini si incontrano

9/11/2020

 
“Castaway on the moon” è un film del regista coreano Lee Hae-jun, proiettato nelle sale nel 2009.
In poco meno di due ore, l’alternanza tra passaggi comici e drammatici offre numerosi spunti di riflessione su alcune tra le molteplici sfaccettature dell’isolamento sociale.

I due protagonisti hanno storie completamente diverse, a tratti narrate e a tratti da scoprire, e affrontano la loro solitudine con modalità singolari ma profondamente affini.

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Da prima ci viene presentato un uomo, rimasto senza lavoro e senza affetti, che dopo un momento di profondo sconforto, si ritrova a vivere su un’isola deserta circondata da una metropoli distratta, alla continua scoperta (o riscoperta?) delle sue infinite capacità.
Successivamente conosciamo una ragazza, chiusa nella sua stanza ormai da anni, esclusa da un mondo troppo schietto ed esigente, impegnata in un preciso e rassicurante rituale di attività autoimposte.

Inizialmente lui osserva la città per capire come potervi fare ritorno, nonostante le avversità e la distanza. Parallelamente, lei osserva la luna e la fotografa tutte le notti, quasi alla ricerca di una silenziosa sicurezza, un'alternativa alla minacciosità del giorno.
Col passare del tempo, la consapevolezza di dover restare sull’isola e di dover trovare un modo per convivere con le proprie fragilità, dona al protagonista la possibilità di apprezzare ogni piccolo passo avanti, riconoscendosi ogni successo e godendo dei frutti del suo stesso ingegno. Intanto, dalla finestra della sua piccola stanza, la ragazza lo scopre, lo osserva e pian piano si dimentica della luna, riscoprendosi sempre più attratta da quel buffo alieno coraggioso, che affronta la solitudine della sua isola come una nuova possibilità di vita.
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Il resto del film racconta come queste due vite riescano gradualmente ad entrare in contatto, arricchendo e modificando la propria esperienza, sotto lo sguardo curioso e interessato dell’altro.
L’incontro tra queste due forme di solitudine ci offre un chiaro esempio di come un fenomeno così attuale come quello dell’isolamento sociale giovanile, possa in realtà essere una delle tante forme con cui si esprime un disagio più profondo e personale, probabilmente presente in tutte le generazioni. La solitudine di una stanza, il graduale distacco emotivo e l’impoverimento relazionale, sono esperienze che possono riguardare età e storie diverse, portando con sé un senso di alienazione e inutilità, sempre più difficili da scardinare.
Il regista sceglie di mostrare come tale senso di disillusione possa essere superato grazie ad un lungo e costante processo di autoconsapevolezza, dove anche un semplice piatto di spaghetti, interamente autoprodotto e pazientemente desiderato dal protagonista, si tramuta nel simbolo di una vera e propria crescita, per poi sfociare in un esempio concreto di speranza.

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La speranza

Ecco una parola fondamentale per chi si ritrova a convivere con questo tipo di solitudine: speranza. Un termine tanto potente quanto fragile, da nutrire e coltivare sia in chi è isolato, sia in chi gli sta accanto, con uno sguardo attento alla relazione. Per poter vedere l’altro e riconoscere i suoi bisogni, risulta fondamentale saper osservare la sua realtà con uno sguardo curioso e paziente. Come la protagonista del film osserva la luna tutte le notti e il naufrago attende i primi germogli spuntare dalla terra, allo stesso modo, a chi sceglie di provare a stare accanto alla solitudine di un'altra persona, è chiesto di prendersi il tempo e la giusta distanza per provare a conoscere la sua storia.
Tale osservazione non deve imporre sfide o aspettative, ma può rappresentare un modo per tenere viva la possibilità di un contatto e iniziare ad immaginare altri scenari possibili. Se per il protagonista una tessera dell’autobus continua a funzionare pur dopo un lungo periodo di assenza dalla società, allo stesso modo la realtà può continuare ad offrire nuove modalità di riscatto anche dopo un isolamento, dove è possibile riscoprirsi simili, capaci e meno soli.
A volte un piccolo aggancio, una somiglianza o uno spiraglio di complicità, possono risvegliare quella speranza, indispensabile per riconoscere le proprie paure, sbirciare fuori dalle mura, e scoprire il proprio spazio nel mondo, dando inizio ad un nuovo viaggio.


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