Alimentazione incontrollata
Tali situazioni vengono definite anche “abbuffate” o “episodi bulimici” e sono accompagnati da una sensazione di perdita di controllo sulle quantità, l’ordine e la rapidità con cui il cibo viene ingerito.
L’avvento di una abbuffata viene solitamente preceduto dalla presenza più o meno consapevole di uno stato emotivo negativo intenso (rabbia, noia, ansia, tristezza, frustrazione…) il quale, successivamente ad una temporanea sensazione di soddisfacimento e sollievo, viene seguito da una progressiva svalutazione di sé in termini di valore personale e di efficacia. Dato questo stretto legame tra l’assunzione di cibo e la sfera emozionale, episodi simili vengono descritti anche con il nome di “fame nervosa” o “alimentazione emotiva”.
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È davvero un problema psicologico?
In ambito clinico si parla di diagnosi di “Disturbo da alimentazione incontrollata” o “Binge Eating Disorder” quando una persona presenta episodi bulimici almeno una volta a settimana per tre mesi consecutivi. Tali episodi devono portare ad un marcato disagio psicologico e non devono essere associati a successivi comportamenti di compensazione (quali vomito autoindotto, esercizio fisico eccessivo, uso di diuretici o lassativi, digiuno…).
Inoltre, per essere definiti tali, gli episodi bulimici (o abbuffate) devono essere caratterizzate da: rapidità nell’assunzione di cibo, assenza di freno nonostante la sensazione spiacevole di pienezza eccessiva, quantità di cibo non proporzionali alla fame percepita, solitudine nell’assunzione del cibo e sensazioni di disgusto, tristezza e senso di colpa a causa dell’incapacità di controllarsi.
Inoltre, per essere definiti tali, gli episodi bulimici (o abbuffate) devono essere caratterizzate da: rapidità nell’assunzione di cibo, assenza di freno nonostante la sensazione spiacevole di pienezza eccessiva, quantità di cibo non proporzionali alla fame percepita, solitudine nell’assunzione del cibo e sensazioni di disgusto, tristezza e senso di colpa a causa dell’incapacità di controllarsi.
Al di là dei criteri diagnostici specifici, l’alimentazione incontrollata viene letta in chiave psicologica in quanto esprime la reale difficoltà che molte persone più o meno giovani, provano nel tentare di adeguarsi ad un ideale estetico e comportamentale spesso irrealistico. Tale immagine viene proposta e promossa dalla nostra società, contribuendo ad aumentare in modo esponenziale la divergenza tra le aspirazioni personali e le reali possibilità di “successo” della maggior parte della popolazione.
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In questo senso tutta la sfera emozionale che accompagna le abbuffate deve essere considerato come l’espressione di una più ampia difficoltà psicologica legata alla propria immagine corporea, con risvolti sia mentali che comportamentali, sia sul piano dell’autovalutazione personale (perdita dell’autostima, riduzione del senso di autoefficacia, depressione) che sul piano delle scelte relazionali ed affettive (isolamento, evitamento di luoghi ed eventi, chiusura affettiva, solitudine).
Perché è inserita in un servizio per le dipendenze?
In ambito clinico e di ricerca si è molto discusso su una possibile spiegazione delle abbuffate come sintomi di una “dipendenza da cibo”. Nonostante non si sia raggiunta ancora una unanimità rispetto alla plausibilità di questa ipotesi, alcune somiglianze tra l’alimentazione incontrollata ed altre forme di dipendenza sono state individuate sia sul piano biologico del funzionamento cerebrale, sia sui meccanismi comportamentali di avvio e mantenimento del disturbo.
Di fatto, chi presenta questo tipo di problematiche definisce gli episodi bulimici come caratterizzati da una reale “impossibilità di fermarsi”, accompagnata da una intensa necessità di trovare un modo rapido, disponibile e piacevole per alleviare una condizione di disagio. In questo senso l’assunzione di cibo può essere paragonato a quello di altre sostanze (droghe, alcool, fumo…) o di altri comportamenti soggetti a dipendenza (quali gioco d’azzardo patologico, uso eccessivo di internet, shopping compulsivo ecc..) come mezzo solo apparentemente funzionale al soddisfacimento di un bisogno. Di fatto tale effetto ha una durata molto limitata e viene sistematicamente accompagnato da una catena di conseguenze negative che peggiorano lo stato emotivo della persona e che lo allontanano dall’ideale estetico che sta cercando di raggiungere. Di conseguenza l’umore cala, aumenta il senso di impotenza e si instaurano nella persona tutta una serie di pensieri che aumentano nuovamente la probabilità di mettere in atto un’altra abbuffata, come modalità punitiva, consolatoria o come riprova della propria debolezza.
Di fatto, chi presenta questo tipo di problematiche definisce gli episodi bulimici come caratterizzati da una reale “impossibilità di fermarsi”, accompagnata da una intensa necessità di trovare un modo rapido, disponibile e piacevole per alleviare una condizione di disagio. In questo senso l’assunzione di cibo può essere paragonato a quello di altre sostanze (droghe, alcool, fumo…) o di altri comportamenti soggetti a dipendenza (quali gioco d’azzardo patologico, uso eccessivo di internet, shopping compulsivo ecc..) come mezzo solo apparentemente funzionale al soddisfacimento di un bisogno. Di fatto tale effetto ha una durata molto limitata e viene sistematicamente accompagnato da una catena di conseguenze negative che peggiorano lo stato emotivo della persona e che lo allontanano dall’ideale estetico che sta cercando di raggiungere. Di conseguenza l’umore cala, aumenta il senso di impotenza e si instaurano nella persona tutta una serie di pensieri che aumentano nuovamente la probabilità di mettere in atto un’altra abbuffata, come modalità punitiva, consolatoria o come riprova della propria debolezza.
Questo susseguirsi di eventi e pensieri viene descritto come un vero e proprio circolo vizioso, dentro al quale la persona resta progressivamente imbrigliata, in modo sempre più sistematico e meno consapevole. Anche in questo senso, l’alimentazione incontrollata può essere letta come fenomeno che condivide numerosi aspetti con le altre dipendenze, tanto da essere presente nelle testimonianze di molte persone che, nel tentare di uscire dai meccanismi di un’altra dipendenza, hanno spostato sul cibo la propria ricerca di soddisfacimento immediato.
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Come faccio a capire se ho un problema di alimentazione incontrollata?
Uno dei test maggiormente utilizzati per indagare la presenza di pensieri e comportamenti tipicamente associati al Disturbo da Alimentazione Incontrollata è la BES – Binge Eating Scale di J. Gormally (1982). Per quanto riguarda la diagnosi invece si fa riferimento ai criteri proposti da Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, giunto ormai alla sua quinta edizione (DSM-5, American Psychological Association, 2013).
Ispirandoci a questi due strumenti, vi proponiamo di seguito alcune domande alle quali potete provare a rispondere per valutare la vostra condizione rispetto a questa problematica. Se leggendole vi sembrerà di ritrovarvi in molti dei punti proposti, potrebbe essere utile per voi valutare la possibilità di parlare con un esperto del vostro rapporto col cibo, l’immagine corporea e le emozioni ad esse associate.
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- Quando pensi al tuo peso e alla forma del tuo corpo, provi sentimenti di preoccupazione, insoddisfazione o disgusto?
- Ti senti continuamente in lotta con te stessa e con il mondo esterno a causa del tuo corpo e della tua alimentazione?
- Ti è mai capitato di avere dei momenti in cui ti sei accorta/o di mangiare molto velocemente, senza masticare e provando la sensazione di aver perso il controllo sulle quantità e l’ordine degli alimenti che hai ingerito?
- Se hai avuto episodi di questo tipo, successivamente ti sei accorta/o di aver mangiato troppo e hai provato un senso di nausea, malessere fisico ed una eccessiva sensazione di pienezza?
- Sempre dopo episodi di questo tipo, hai provato un forte senso di colpa, di impotenza e di fallimento?
- Nonostante le conseguenze negative proposte nelle domande precedenti, ti è capitato di avere altre abbuffate dopo la prima?
- Quando provi questo “impulso irrefrenabile a mangiare”, ti capita di nasconderti per paura di essere visto e per paura di provare un forte senso di vergogna?
- Ti capita di attraversare dei periodi in cui ti sembra di “passare il girono a mangiare” o in cui la maggior parte dei tuoi pensieri sono diretti a programmare cosa e quando potrai mangiare?
- Provando ad analizzare i pensieri associati alle abbuffate, quando senti l’impulso irrefrenabile di mangiare nella tua testa risuonano frasi di questo tipo: “sto troppo male, devo mangiare qualcosa per forza”, “E’ più forte di me, so che non sono in grado di fermarmi”, “se mangio so che starò meglio!”?
- E dopo aver avuto un abbuffata, ti capita di ricercare giustificazioni o cause che spieghino il tuo comportamento, usando frasi di questo tipo: “ho mangiato perché: era gratis, era una festa, era un peccato lasciarlo lì…” oppure “ormai ho sgarrato sulla dieta, tanto vale sfogarsi e ricominciare da capo domani” oppure ancora “sono una debole, non dimagrirò mai, è inutile che continui a provarci…”?
Perché non basta una dieta?
Molte persone quando si trovano di fronte ad un problema di alimentazione incontrollata, pensano che la soluzione migliore per rimettersi in carreggiata e riprendere perdere peso sia iniziare una nuova dieta. In realtà, la maggior parte delle ricerche condotte su persone con questo disturbo, dimostrano come non solo le diete non siano una buona soluzione ma, al contrario, avrebbero una funzione sia come fattori di rischio che come fattori di mantenimento del disturbo stesso.
Di fatto, la scelta stessa di porsi delle regole ferree e rigide sul peso e sull’alimentazione, aumenta la probabilità di provare sentimenti di frustrazione, colpa e debolezza rispetto al cibo. La sensazione di fame viene vissuta come un insuccesso e gli sgarri come delle vere e proprie sconfitte. Inoltre, l’apporto calorico introdotto tramite un’abbuffata supera di molto quello del singolo sgarro, portando ad un progressivo aumento di peso non controllato e vissuto dalla persona come ingiusto, svilente e insufficiente a mantenere la costanza nella dieta.
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Per questi motivi risulta chiaro come sia molto più utile e funzionale per chi presenta un quadro di questo tipo, associare ad una alimentazione corretta un lavoro personale sui pensieri problematici e sui meccanismi psicologici e comportamentali che innescano e mantengono le abbuffate. Parallelamente, risulta particolarmente utile, se non necessario, indagare alcune aree personali e relazioni della persona, quali l’immagine corporea, l’eccessiva importanza data al peso e alle forme del corpo, le modalità di gestione delle emozioni e dei conflitti, l’autostima e la rigidità di pensiero.
Che servizi offriamo a chi ha questo problema?
Indipendenze propone incontri individuali con psicologi formati nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare, al fine di indagare, insieme al paziente, i vissuti psicologici, relazionali ed emotivi associati al cibo e per valutare la gravità dei sintomi comportamentali. In quanto prettamente psicologico, questo percorso non prevede un intervento mirato alla sola perdita di peso e non verranno prescritte diete specifiche o programmi di allenamento. L’attenzione sarà rivolta prevalentemente all’indagine dei fattori di esordio e di mantenimento degli episodi di alimentazione incontrollata, si individueranno strumenti adatti ad instaurare un rapporto più equilibrato con un’alimentazione sana e regolare e si cercherà di migliorare le competenze personali nella gestione delle emozioni e delle relazioni interpersonali.
Verranno avviati percorsi di gruppo al fine di comprendere e ridiscutere assieme i meccanismi sottostanti alle abbuffate. In queste occasioni sarà possibile condividere e confrontarsi con altre persone che presentano un rapporto non equilibrato tra alimentazione ed emozioni, e si ridiscuteranno assieme delle soluzioni funzionali ed adeguate al raggiungimento di un maggior equilibrio.
Siamo inoltre disponibili a mettere a disposizione le nostre conoscenze nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare, per costruire interventi informativi e di prevenzione adeguati a diversi ambienti e fasce d’età (scuole medie e superiori, associazioni culturali, cooperative sociali, circoli ricreativi ecc…).
Verranno avviati percorsi di gruppo al fine di comprendere e ridiscutere assieme i meccanismi sottostanti alle abbuffate. In queste occasioni sarà possibile condividere e confrontarsi con altre persone che presentano un rapporto non equilibrato tra alimentazione ed emozioni, e si ridiscuteranno assieme delle soluzioni funzionali ed adeguate al raggiungimento di un maggior equilibrio.
Siamo inoltre disponibili a mettere a disposizione le nostre conoscenze nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare, per costruire interventi informativi e di prevenzione adeguati a diversi ambienti e fasce d’età (scuole medie e superiori, associazioni culturali, cooperative sociali, circoli ricreativi ecc…).