Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un crescente interesse per i Disturbi del Comportamento Alimentare, sia all'interno dell’ambiente clinico e di ricerca, sia attraverso i principali canali mediatici (programmi tv, riviste, web e social media…). All'interno di questo panorama, un interessante campo di indagine e discussione riguarda l’ipotesi di un’associazione tra i Disturbi del Comportamento Alimentare e le Dipendenze da Sostanze, con particolare riferimento al ruolo che potrebbe aver assunto il cibo come “sostanza” capace di provocare dipendenza. |
- In primo luogo, ci sarebbe una fase di “binge”, in cui la sostanza (droga o cibo) assumerebbe una funzione prevalentemente piacevole e consolatoria, andando ad attivare le stesse aree cerebrali adibite al rinforzo e alla gratificazione.
- Successivamente, col passare degli effetti della sostanza e al ridursi dello stato di attivazione di tali aree, si presenterebbe un periodo di “astinenza”, accompagnata da sensazioni fisiche e psicologiche non desiderate.
- A questo punto, si presenterebbe il cosiddetto “craving”, ovvero il desiderio irrefrenabile e compulsivo di riottenere la sostanza iniziale (o altre sostanze ad essa affini) per provare nuovamente le sensazioni piacevoli precedenti o per allontanare e bloccare le razioni negative dell’astinenza.
Quello che si viene a prefigurare è un vero e proprio “circolo vizioso” che, col passare del tempo, aumenta e fortifica il legame tra la persona e la sostanza (droga o cibo) e, allo stesso tempo, riduce l’effettiva percezione di efficacia e di libertà nella gestione della sostanza stessa.
Una volta compreso questo meccanismo però, la domanda che sorge spontanea è perché anche se tutti abbiamo provato almeno una volta un senso di gratificazione associata al cibo, non ne siamo diventati dipendenti?
E ancora, perché pur comprendendo e riconoscendo questo circolo vizioso e gli effetti negativi che ha, le persone non riescono a smettere con questi comportamenti compulsivi?

Questa sovrapposizione spiegherebbe perché, chi ha concluso un percorso di disintossicazione, ritrovi spesso nel cibo una sorta di “sostituto socialmente accettato” per ritrovare la gratificazione che prima otteneva tramite la sostanza o il comportamento eliminato, con la conseguenza negativa di perdere il controllo sull'aumento di peso.
In aggiunta a tutto questo, è stato più volte dimostrato come lo stress, l’ansia e la depressione abbiano un effetto diretto sul rapporto che l’essere umano ha con il cibo, non solo a livello psicologico ma anche a livello della funzionalità cerebrale e dell’apparato gastrointestinale. In condizioni di forte stress infatti possono presentarsi una totale assenza o riduzione dell’appetito, sia una forte necessità compulsiva e impulsiva di mangiare, con un aumento del consumo di cibi a maggior rischio di dipendenza, definiti “iperpalatabili” (ad alto contenuto di grassi, zuccheri e calorie, nonché facilmente reperibili e a basso costo).
A questo punto viene a riattivarsi il circolo vizioso della dipendenza, al quale solitamente le persone reagiscono in due modi: o cercano di “rimettersi in carreggiata”, magari iniziando una dieta ancora più rigida e quindi più pericolosa per l’avvento di un’altra abbuffata. Oppure si abbandonano alle sensazioni di totale impotenza e al senso di fallimento, perdendo ogni controllo sull'assunzione di cibo. Nelle persone obese o in sovrappeso, tali sensazioni vengono solitamente mal interpretate come sintomi di pigrizia, debolezza e negligenza, quando in realtà sono solo l’ultimo anello di una catena di eventi ed emozioni ben più complesse e difficoltose.
In conclusione, al di là delle discussioni ancora in atto a livello scientifico sull'effettiva esistenza di un quadro patologico definibile come “Dipendenza da cibo”, risulta evidente come un percorso di cura adeguato alle necessità di chi presenta tali difficoltà, dovrebbe necessariamente basarsi su una prospettiva di tipo multifattoriale.
In tal modo, oltre a lavorare sul rapporto con il cibo in senso stretto, risulterebbe fondamentale indagare l’area delle competenze emotive e relazionali, al fine di acquisire nuove abilità nella gestione degli stress. Partendo da tali presupposti, il team di Indipendenze adotta questa visione nel fornire sostegno a coloro i quali fossero interessati a vivere in modo più libero e consapevole il proprio rapporto con il cibo. |