Quello che i famigliari possono cercare di fare è agevolare il transito della persona dipendente dallo stato che gli addetti ai lavori chiamano “fase di precontemplazione” (in cui la persona non è minimamente preoccupata dei problemi derivanti da tale condizione, anzi, non sospetta neppure di avere un problema che richieda un cambiamento e quindi non è intenzionata a fare sforzi per cambiare) allo stato in cui arriva a contemplare la possibilità che sia necessario un cambiamento e che possa avere bisogno di aiuto (“fase di contemplazione”).
Per un genitore è molto difficile riuscire a mantenere la lucidità quando, ad esempio, scopre che il proprio figlio si sta facendo del male usando droghe o sta sperperando i beni della famiglia giocando d’azzardo. Spesso si corre il rischio di utilizzare modalità di comunicazione che, invece di convincere il figlio a fare dei passi verso la ricerca di aiuto, lo portano ad arroccarsi ancora di più su posizioni di non-cambiamento.
Vi sono infatti alcune trappole, in cui è facile cadere, che possono ostacolare la comunicazione.
Il modo più veloce che i famigliari hanno a disposizione per portare la persona con dipendenza verso il cambiamento, è lavorare su se stessi, provando a sostituire alcuni atteggiamenti verso il proprio caro e osservando cosa succede.
Di seguito segnaliamo alcuni consigli su come relazionarsi con la persona che ha un problema di dipendenza, quando non ammette la propria situazione problematica, anzi minimizza i problemi o incolpa gli altri.
Evitare discussioni
Del resto, la reazione di un fumatore quando gli si fa notare la scritta “Il fumo uccide” sul pacchetto di sigarette spesso è “Ma di qualcosa bisogna pur morire!” oppure espressioni del tipo “Mio zio ha avuto un tumore da giovane ed era un salutista, è solo questione di sfortuna..”.
Manifestare empatia
Costruire una relazione empatica con persone dal comportamento problematico può essere difficile o impossibile se non si riesce ad interpretare tale comportamento come il compromesso migliore che la persona ha potuto produrre nelle condizioni in cui si trova. Infatti, spesso la dipendenza inizia come una modalità per rifugiarsi, per non affrontare emozioni e sentimenti che creano un disagio (ad esempio, insoddisfazione, tristezza, ansia, angoscia, dolore) poichè la persona non riesce a gestirlo in altro modo.
Il concetto di non-giudizio è parte integrante dello stile empatico che contiene anche un significato di accoglienza. Accettare quindi la persona come è e nella fase in cui si trova. L’accettazione non-giudicante non è rassegnazione, ma un atteggiamento che facilita il cambiamento.
L’atteggiamento accogliente, amorevole e non-giudicante verso l’altro è più spontaneo per alcune persone. Chi è più distante da questo modo di “stare nella relazione” può comunque cercare di svilupparlo o migliorarlo anche attraverso la pratica della mindfulness.
La fase di contemplazione inizia con l’irruzione della consapevolezza dei problemi causati dal comportamento di dipendenza. Emerge quindi una forte ambivalenza: da un lato vi è la consapevolezza che il problema è serio e che vi è la necessità di un cambiamento, ma dall’altro non si è ancora pronti, si è intimoriti o terrorizzati dalla prospettiva di smettere tale comportamento. In questa fase, la persona continua ad oscillare tra i due poli, quello del mantenimento dello status quo e quello del cambiamento che appare necessario, forse anche appetibile, ma certo ancora irraggiungibile, almeno per il momento (“So bene che devo smettere, ma sento che non ce la posso fare”).
Nel momento in cui inizia ad emergere nella persona con dipendenza l’idea della possibilità di cambiare, i famigliari possono aiutarlo ad aumentare la sua disponibilità a lasciarsi aiutare da un professionista sostenendo la sua autoefficacia ed evocando affermazioni automotivanti.
Sostenere l’autoefficacia
Strategie per stimolare l’autoefficacia sono quelle di enfatizzare la responsabilità personale dell’individuo nel processo di cambiamento, e far ricordare precedenti successi della persona o anche ciò che altri in condizioni analoghe sono stati capaci di fare. Un adeguato senso di autoefficacia è espresso da un ottimismo realista (“Posso affrontare tutte queste difficoltà”; “Ce la posso fare con il vostro aiuto”).
Evocare affermazioni automotivanti
L’equipe di Indipendenze propone interventi specifici per i famigliari perché sappiano per primi essere di aiuto, motivando chi ha il problema della dipendenza, a trovare il percorso di trattamento più adeguato.